CATANIA − Ore 18.10, mentre fredde folate di vento investono il monastero dei Benedettini, in Piazza Dante, diverse donne iniziano a riempire il posto, presidiato adeguatamente dalle camionette e dalle auto della Polizia. E’ il preludio de Lotto Marzo, una manifestazione di carattere globale dove le donne, nel loro giorno, scelgono di andare oltre qualche semplice ramo di mimosa e scendono in piazza per manifestare (e rivendicare) i loro diritti. Tantissime persone si riuniscono così per andare contro i medici obiettori, contro chi sostiene l’inferiorità della donna, per andare a favore del diritto all’aborto, della parità dei sessi e molto altro. Ben 54 nazioni, oltre l’Italia, inoltre, hanno aderito a questo progetto secondo quanto appreso dalla nostra redazione sul posto. Nella manifestazione finiscono persino due turisti polacchi, a cui chiediamo alcune delucidazioni in merito al diritto ad abortire in Polonia: a detta di essi, tale diritto nella loro patria è molto ristretto e le istituzioni locali fanno tutto, fuorché remare a favore del suddetto.
Tante sono le associazioni che si sono recate sul posto per farsi sentire e dare il loro apporto al corteo: una di esse è, ad esempio, il “Comitato per il NO” che, davanti Piazza Dante, ha portato un banchetto per far convergere firme nella loro petizione popolare la quale – ci spiega un membro dell’associazione in questione – mira a chiedere al Parlamento di varare una legge elettorale di carattere proporzionale, visto che la maggioritaria non darebbe una giusta eguaglianza. Il corteo è guidato, comunque, dall’associazione “Non una di meno“, e #NonUnaDiMeno è anche il motto, oltre che l’ashtag, della manifestazione che ha pervaso la città etnea, partendo dal cuore del centro storico per riversarsi in Piazza Università, ove diverse donne – dalle 20.30 in poi – hanno declamato diversi discorsi in tema. Afferma a gran voce Marica Longo, dell’associazione “Thamaia“: «L’uomo violento non è malato, non è vittima di troppo amore, è violento e basta. Crediamo che sia vergognoso promuovere campagne offensive e mortificanti come il Fertility Day, ricordiamoci che questa città è stata una delle quattro (oltre Roma, Bologna e Padova) ad essere testimonial di questo scandalo allo scopo di imbavagliare la libertà delle proprie scelte riproduttive, ponendo come naturale una scelta personale come la maternità e veicolando il messaggio che per una donna essere madre è l’unica prospettiva di vita, che il lavoro gratuito di cura è la sua esclusiva responsabilità».
Prosegue poi: «E sempre nella classifica dei comportamenti giudicati decorosi, è più decoroso negare un diritto pubblico, libero, gratuito e garantito come l’interruzione volontaria della gravidanza o reparti ospedalieri composti per intero da personale obiettore, che nel privato delle cliniche, dietro compenso, è disposto ad applicare tale diritto. E la stessa cosa riguarda le farmacie: anche lì, dietro la scusa dell’obiezione, viene negata la vendita della pillola abortiva. Il corpo è nostro, e decidiamo noi! Sappiate che non resteremo a guardare: pretendiamo l’applicazione di ogni singolo diritto che ci spetta e denunceremo, sin da ora, ogni violazione in materia. Non resteremo a guardare – conclude – mentre i centri anti violenza rischiano la stessa sorte dei consultori, fagocitati dal controllo e dal potere del patriarcato istituzionale, nel tentativo di annullare anni di politica femminista […] Noi oggi lottiamo per tutte le donne che non possono esserci, e per tutte quelle compagne e sorelle che non ci sono più perchè se toccano una, rispondiamo tutte, perchè se provate a mettere frontiere ed alzare muri, noi quei muri li abbattiamo».
Ma a parlare non è solo lei, altre donne parlano di storia e letteratura, affermando forte in Piazza Università, fiere mentre indossano le loro parrucche fucsia, la sovente differenza di trattamento che ha ricevuto la donna nelle suddette materie: blasonata nella letteratura, dipinta come bella e colta, bistratta nell’arco dei secoli e rilegata ad un ruolo marginale e casalingo dalla storia. Ma Lotto Marzo catanese non è stato solo questo: il Corteo, partito da Piazza Dante e arrivato in Piazza Università, ha tagliato luoghi dalla grande importanza quali l’Ospedale del Santo Bambino, ove sono stati intonati cori contro i medici obiettori e sul diritto all’aborto, Via Plebiscito e Piazza Stesicoro. Anche il centro anti violenza “Thamaia”, come si evince dalle precedenti righe, è stato al centro di questa protesta: una loro esponente ricorda, ai microfoni della nostra redazione, come oggi siano state interrotte tutte le attività che le riguardavano, retribuite o gratuite che esse fosse; «se non valiamo, ci fermiamo» affermano fiere.
E ancora “Gammazita“, un’associazione culturale principalmente operante nel territorio, il cui ricorda l’omonima eroina siciliana che, secondo la tradizione popolare, si gettò in un pozzo piuttosto che cedere alle molestie di un soldato francese durante la dominazione Angioina. Loro sono le stesse che hanno dato vita a Piazza dei Libri in Piazza Federico di Svevia. Ma questa manifestazione, sostiene Riccardo Messina, rappresentante dell’associazione “Queers“, «mira a denunciare non sole le violenze contro le donne, ma anche a remare contro tutto ciò che è contrario al modello imposto del maschio eterosessuale e patriarcale, come ad esempio i diritti LGBT». Il corteo è stato inoltre arricchito da tantissimi cartelli e striscioni che esponevano slogan e motti perfettamente concernenti le tematiche della manifestazione, il sentore comune è certamente piacevole: le donne scendono in piazza, con forza, in una festa ormai commercializzata come l’8 marzo, in cui spesso si pensa di poter mascherare 364 giorni di violenza con 1 di mimose, per fare rivendicare ogni diritto che è stato loro negato e per affermare quell’uguaglianza dovuta e giusta che, nei secoli, ha certamente tardato ad arrivare.
E se Pierangelo Bertoli, cantautore socialmente impegnato fino alla fine dei suoi giorni cantava con un forte taglio critico in “Certi Momenti” «Adesso quando i medici di turno, rifiuteranno di esserti d’aiuto, perchè venne un polacco ad insegnargli, che è più cristiano imporsi col rifiuto. Pretenderanno che tu torni indietro e ti costringeranno a partorire, per poi chiamarlo figlio della colpa e tu una Maddalena da pentire», il rapper di origine siciliane, ma formatosi a Torino, Ensi scrive nel suo pezzo “Uomini contro“: «E non parlare di passione quando sei violento, e non cercare una ragione nell’amore: è un controsenso! I lividi schiariscono col tempo, ma non esiste fondotinta per i segni che le lasci dentro».
Francesco Raguni (articolo + foto)
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